FIOR DI FANCIULLE E FANCIULLE IN FIORE
Se cerchi la luna nel cielo, al di sopra delle cime degli alberi, al di sopra delle nuvole, ti ritrovi il viso dolce di una fanciulla: la linea curva è così morbida che ti fa pensare ad una giovane in carne e ossa, ma se insisti, allora è un paesaggio misterioso che ti si presenta; allora ti domandi: queste fanciulle di Silvia Dogliani corrispondono ad un ideale, morbidezza di linee, stupore dell'ingenuità, sincerità un po' attutita, oppure corrispondono ad un soggetto vero, che si può trovare sulla faccia della terra, oppure ancora si tratta di una maschera, una maschera che viene indossata quotidianamente da una donna la quale preferisce nascondere le proprie opinioni, i propri sentimenti? Oppure si tratta di un angelo, di un angelo senza ali, che emerge dai fiori, fiore tra i fiori, il quale tuttavia non apre le labbra al sorriso per non rompere l’incanto? La risposta è insita nelle domande: le fanciulle di Silvia Dogliani sono tutte queste cose insieme; è un sogno il suo, è un’invenzione, ma è una realtà che percepisce nel suo intimo: Silvia è sicura, un soggetto come ella immagina è possibile trovarlo tra le messi della piana tra il Monviso e il Tanaro, tra le prode di un giardino, con la forbice o il rastrello o la falce “messoria” nella mano.
Le sue labbra sono appena dischiuse, ma sorride “dentro”: la natura, i campi, i prati intorno, le vigne con i loro filari allineati, al di là del Tanaro, le nevi sulle Alpi sono come tanti fiori che entrano nell’animo suo attraverso le chiare pupille.
Ecco una grande corolla color di rosa, si avvicina al viso della fanciulla, lo sfiora, lo accarezza: sono come due sorelle, vivranno di poesia e di amore per tutta la loro vita.
Qualche volta ad un viso si avvicina un altro viso e poi un altro ancora: formano un ventaglio che assomiglia ad uno spicchio di luna, ed al loro girotondo si associano mele e pere e pesche ed altri frutti e foglie; è come una danza simbolica, un segno con il quale Silvia Dogliani vuol ricordarci quanto la natura sia presente in noi. Le fanciulle come fiori, i fiori come visi di fanciulle, non soltanto nella forma, ma come espressioni di sentimenti: e sono i colori, il rosa pastello, l’arancio pallido, il giallo paglierino, il verde acqua a sussurrare parole di amicizia, inviti alla gioia, alla felicità; una felicità che matura tutta dentro, che non esplode, ma affiora come i germogli che si aprono a poco a poco, nel bianco della rugiada, al calore del sole. Anche il sole, tuttavia non irrompe, ma accarezza, dolcemente. Le fanciulle di Silvia Dogliani talvolta emergono dal pallore appena increspato delle nebbie mattutine come da un sogno – come le ninfe che fanno capolino dai cespugli del sottobosco verde di muschio - altre volte la loro presenza è statuaria, personaggi femminili che appartengono alla storia e che non intendono ritirarsi nell'ombra. Nei momenti di pausa, di intimità le nostre fanciulle possono farsi cullare da una simbolica amaca, da uno spicchio di luna, ma anche da una foglia, gialla o verde o azzurra: è sempre questa simbiosi, fiore – foglia – natura - umanità, che Silvia Dogliani trascrive con felice intuizione sui suoi fogli di carta, quasi una storia, un po' avvolta nel mistero ed un po' esplicita, che ella ci racconta. Con soavità, con dolcezza, con pudore. Angeli in terra, principesse, regine, donne tra i fiori, tra le messi, i personaggi sfilano tra le siepi di un giardino a narrarci la loro storia, ed ora si mostrano impassibili, anche l'angoscia sanno nascondere con le loro maschere di marmo, ora accennano ad un sottile sorriso. Ma anche la gioia è un sentimento avvolto in un velo di pudore.
Un pudore che trascolora dal giallo intenso all'ocra all'arancio con .una soavità interiorizzata da misteriosi interventi. Gli assiri, gli egizi. gli aztechi ed i maya, i grandi del Rinascimento italiano hanno suggerito qualcosa a Silvia Dogliani?: la cultura non è frutto di iniezioni esterne, quando dimora nel nostro intimo e si confronta giorno per giorno con la natura, il suggerimento è come il consiglio di un padre, ma sei sempre tu, poeta, pittore, ad intuire, a scrivere, a disegnare, a dipingere, a scegliere i colori per esprimere uno stato d'animo, una sensazione, un'emozione. E le emozioni, per Silvia Dogliani, sono come le bolle di sapone che indugiano prima di uscire dalla cannuccia di vetro. Le colline delle Langhe, con le loro mammelle che ricordano la terra-madre, con i loro misteriosi anfratti, le piane verdi di primavera, fulve quando la messe è matura, umide quando le zolle sono capovolte verso il cielo, queste piane che parlano d'infinito, come le distese del mare, sono il giardino, il luogo per eccellenza - realtà e simbolo - dove sono nati e cresciuti i fiori e le fanciulle di Silvia Dogliani. Ed era naturale che fosse così.
Aldo Spinardi