Presentazione della mostra presso Palazzo Santa Giulia, Fossano, 1980.
SILVIA DOGLIANI, pittrice fossanese che ha già esposto ripetutamente in diverse località piemontesi e liguri (a cominciare da Torino dove l'anno scorso ha tenuto una riuscitissima personale che ha incontrato consensi tra la critica), ha deciso di vincere quella ritrosia che finora l'aveva trattenuta dall'esporre nella sua città e nella sala di Palazzo «Santa Giulia» presenta un nutrito gruppo delle sue opere che, per la maggioranza stragrande dei fossanesi, costituiranno una novità piacevole ed interessante.
Alla pittura la nostra concittadina è giunta, sotto il profilo tecnico, come autodidatta anche se dal 1976/77 ha frequentato, con qualche assiduità all'inizio, lo studio del pittore Livio Pezzato. Non vi è giunta viceversa impreparata sotto il profilo del retroterra culturale che, soltanto ad osservare i suoi quadri, si indovina assai ampio sia sotto un profilo specifico che sotto quello generale.
«L'arte è continua ricerca», afferma la nostra pittrice e, quanto al dipingere afferma poeticamente di intenderlo un «incidere messaggi sulle uniformi pareti dai luoghi in cui ci raccogliamo a rinnovare antichi coraggi... ».
Tenendo presente queste sue affermazioni forse è più facile penetrare le ragioni del suo modo di dipingere.
Intanto non sarebbe forse fuori luogo ricercare, tra le passate esperienze artistiche, le testimonianze che più possono averla interessata, - magari talora lasciando una traccia a livello inconscio, - e ci sembra di coglierle in quel crogiolo pieno di fermenti, di innovazioni e di fantasia che è possibile trovare tra post-impressionismo ed espressionismo, tra jugendstil e neo-impressionismo, tra fauvismo e «nabisme». La lezione di Seurat e di Signac, di Matisse e di Vallotton, di Bonnard e di Vuillard, di Marquet e di Derain come di Schmidt-Rottluff e di Nolde, di Pascin e di Hodler e Fautrier non è passata invano, e sul modo di dipingere di Silvia Dogliani ha lasciato soltanto suggestioni, sia pur indirette.
Quasi partendo da una astrazione lirica ed espressionizzante, la pittura della Dogliani si risolve in forme figurative che però non è trasposizione del figurativo tradizionale, ma una figurazione diversa più intimista e graffiante, che nulla concede all'epidermico ed al banalmente naturalistico.
Si vedano i suoi lavori di figura, certe sue nature morte (come «Cose di mare») o certi suoi suggestivi paesaggi (come «Paesaggio fantastico») e crediamo veramente che non si possa che convenirne. In certi suoi lavori, come le fantasiose «cattedrali», Silvia Dogliani, attraverso un linguaggio per noi di chiara estrazione espressionista, si riallaccia all'esperienza barocca e, per suo tramite, al gotico sopratutto francese. In ogni caso per la pittrice che ora espone in questa mostra fossanese i suoi lavori la pittura non è ricalco fotografico del reale bensì si tratta di una attività creatrice originale che del soggetto tenda a dare la sensazione emotiva più che la rappresentazione, in questo contesto la luce sarà restituita alla sua essenziale funzione pittorica ed i colori ubbidiranno all'immaginazione ed alla confessione lirica dell'autrice.
Forma espressiva quindi solida e personale che ha fatto correttamente scrivere che, «nelle sue tele si uniscono densità materica, sensibilità di accostamenti cromatici, intimità di toni coloristici sotto la supervisione dell'introspezione psicologica».
Occorre infatti anche ricordare che Silvia Dogliani ama lavorare su di un supporto appositamente preparato con impiego di colle e sabbie che consentono di ottenere particolari sfumature cromatiche in sede di stesura del colore, che sembrano congeniali e di stimolo a quel suo discorrere per significazioni, in quel suo osservare i «contenuti» delle tematiche; che indaga con insistenza ricercando in profondità certi valori cromatici attraverso accostamenti di toni chiari mai violenti, anche quando a prima vista può sembrare il contrario, ma piuttosto assai dosati e misurati.
La pittrice guarda soprattutto alla natura ed alle sue variate espressioni e, nei suoi quadri, racconta emozioni ed entusiasmi, malinconie ed abbandoni provati nell'osservarla: è un racconto suadente e delicato, condotto con una cromia leggera e ricca di luce, sopportata da un graficismo compositivo assai robusto pur nella apparente superficiale libertà.
Per Silvia Dogliani, insomma, dipingere è vivere ed esprimere una propria dimensione: per questo i suoi quadri si vedono volentieri e ritornano nella memoria. E tutti gli appassionati fossanesi non mancheranno certo di accogliere questa « voce nuova» della pittura locale, dando alla pittrice il conforto di un apprezzamento che sia di stimolo a proseguire nella ricerca artistica che ella ha avviato.
CARLO MORRA